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La scoperta di una scogliera corallina al largo di Monopoli, ritrovata in un ambiente marino di media profondità a circa due chilometri dalla linea di costa, e riportata dalla Gazzetta, ha avuto di eccezionale quanto meno l’eco nazionale che nelle ultime ore ha portato il professor Giuseppe Corriero, direttore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, a puntualizzare anche nella trasmissione Geo su Rai 3 i risultati inediti di una ricerca condotta con la collaborazione del Dipartimento di Scienza della Terra e Geoambientali (occupatosi, col coordinamento del professor Massimo Moretti, degli studi sedimentologici e della mappatura geofisica) e delle Università del Salento e di Roma Tor Vergata. «Ribadisco – dice Corriere prima di imbarcarsi per Roma e partecipare alla diretta televisiva – che si tratta della prima volta che nel Mediterraneo se ne scopre una con caratteristiche imponenti in senso batimetrico, per estensione e per spessore, dovuto all’accumulo nel tempo degli scheletri di madrepore».
La chicca naturalistica, ritrovata a circa 50 metri di profondità, presumibilmente solo parte di una presenza molto più ampia (che, con una distribuzione a macchia di leopardo, si estenderebbe almeno dal Barese fino a Otranto, se non anche nel mar Ionio), risponde a un modello che rimanda a quello tipicamente equatoriale. «Le specie che costruiscono la scogliera corallina di Monopoli (vive in penombra e quindi le madrepore formano queste strutture di carbonato di calcio in assenza di alghe, ndr) sono sicuramente presenti in gran parte del litorale adriatico e ionico. Ho appreso con molto interesse la segnalazione fatta al vostro giornale proveniente da Molfetta (dove il Nucleo Sub ha scattato alcune foto di una comunità, ovviamente presente da migliaia di anni, ndr). È stimolante perché emerge qualcosa che somiglia a quanto già accertato a Monopoli, dove per dimensione al momento ci sono caratteristiche di unicità. Bisognerà verificare perché potrebbe anche trattarsi di piccole costruzioni isolate».
La cautela è fondamentale in ambito scientifico, una prudenza che a volte si scontra con l’eco mediatica. Come la Gazzetta ha evidenziato, annuciando la scoperta, la peculiarità della scogliera corallina monopolitana (l’area di studio si estende per 2,5 chilometri) o, per essere precisi, della «biocostruzione a coralli» sta nell’essersi realizzata in «ambiente mesofotico», cioè con poca luce (data la profondità), col risultato di un impatto chiaramente differente rispetto alla barriera corallina equatoriale, cresciuta in acque superficiali, dove i processi di simbiosi tra le madrepore e le alghe unicellulari, alla base dei processi vitali che si svolgono nella comunità, sono facilitati dalla luce. Ciò non toglie che il modello sia simile e che si tratti di una scoperta di assoluto rilevo, tanto da immaginare di poter istituire una zona protetta (la Regione ha già fatto intendere di essere consapevole del valore dell’emergenza naturalistica e quindi della necessità di iniziare le procedure) in modo da evitare pesca, ancoraggio e attività che per una scogliera corallina sono letali. «Direi – afferma Corriero – che nell’amplificazione mediatica si è dimenticato in molti casi di sottolineare adeguatamente che la dimensione ecologica non è di barriere tropicali con squali e tartarughe marine, semmai di un ambiente con murene e qualche dentice. A discolpa di chi ha parlato di barriere, spesso anche per necessità di impatto sui lettori o sui telespettatori, potrei dire che, del resto, quando definiamo una foresta possiamo far riferimento indifferentemente alla Foresta di Mercadante, alla Foresta Umbra e alla Foresta Amazzonica, sottointentendo livelli di complessità ecologica e di biodiversità con ordini di grandezza diversi. Tutte però hanno un modello di sviluppo ecologico simile e sono aree di alta diversità ecologica. D’altra parte chiamiamo barriere coralline, senza che nessuno si indigni, costruzioni, comprese quelle equatoriali, che dovremmo in realtà definire barriere madreporiche».
In ogni caso, le ricadute di questa scoperta sono positive sia in termini di attenzione scientifica (diversi ricercatori europei si stanno organizzando per attivare canali di collegamento col gruppo di ricerca del’Università di Bari) sia sul fronte del turismo naturalistico, di nicchia ma prezioso perché muove un fatturato considerevole. La dimostrazione sta nelle notizie, pubblicate dalla Gazzetta, del boom di prenotazioni nelle strutture ricettive per le prime settimane di giugno da parte di due diverse associazioni subacque interessate all’esplorazione dei fondali di Molfetta e di Monopoli.